26 agosto del 1789.
Le strade di Parigi sono colme di persone e sullo sfondo si addensa il fumo spesso, grigio come i tetti bombati color temporale della capitale, proveniente dai moschetti e dalle pire della lotta popolare. La Bastiglia è stata presa da poco più di un mese nell’evento che darà inizio alla Rèvolution e l’Assemblea nazionale proclama la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino con queste parole: "I rappresentanti del popolo francese, costituiti in Assemblea nazionale, considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le uniche cause delle sciagure pubbliche e della corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una solenne dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo, affinché questa dichiarazione costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, rammenti loro incessantemente i loro diritti e i loro doveri”. Nei 17 articoli che compongono questa Dichiarazione è evidente l’idea di definizione della legge come espressione della volontà generale. Si affermano i diritti naturali e l’uguaglianza di fronte alla legge non come concessione e istituzione di quei diritti bensì come dichiarazione della loro esistenza; diritti che per natura spettano all’uomo e che nessuna autorità può negare o destituire, fondando i moderni diritti di libertà e uguaglianza.
Peccato che questi diritti inalienabili riguardano non un soggetto neutro ma l’uomo, inteso come persona di sesso maschile, l’unico che può goderne. Questa illusoria universalità è denunciata da Olympe de Gouges, all’anagrafe Marie Gouze, un’eroina dimenticata dalla storia che ha sacrificato la propria vita per difendere le sue idee. Nata nel 1748 in una famiglia modesta in Occitania, Marie viene costretta a sposarsi a soli 17 anni contro la sua volontà. Non più di un anno dopo il marito, molto più grande di lei, la lascia sola con un bambino, evento che le permetterà di emanciparsi, tanto da cambiare nome in Olympe de Gouges e scegliere di rimanere vedova per pubblicare i suoi scritti da autodidatta. Nel 1770 raggiunge Parigi dove pubblica i suoi primi testi, fonda il suo circolo teatrale composto da sole donne e scrive una commedia sulla schiavitù coloniale, poi censurata. In Francia, prima della Rivoluzione, le donne non possono provvedere a sé stesse, non hanno diritti, e solo la condizione vedovile permette un minimo di libertà.
Con la Rivoluzione alcuni gruppi di donne si riuniscono in club femministi producendo lettere per giornali del tempo e pamphlet. Alcune riescono a partecipare con le proprie idee all’interno dell’Assemblea Nazionale ma, senza sorprese, vengono allontanate in quanto, sarete d’accordo con me, un conto è fare salotto un altro è richiedere espressamente di godere di diritti politici. È un pericolo per l’ordine sociale. La cittadinanza femminile, dunque, è esclusa in quanto sovvertirebbe la natura e la naturalità del loro ruolo, ovvero metterebbe a rischio il concetto stesso di famiglia, quello per cui le donne sono nate: essere madri e mogli.
Nonostante l’ostacolo delle idee dominanti, alcune donne riescono con tenacia a far sentire la propria voce e contribuire alla causa femminista. Olympe è tra queste, anzi, è una delle protagoniste più attive di quella battaglia che si combatte accanto alla Rivoluzione. Armi e privilegi da una parte, pamphlet e ghigliottina dall’altra.
5 settembre del 1791.
Olympe de Gouges denuncia, con la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina indirizzata alla regina Maria Antonietta, la restrizione maschile del concetto di uguaglianza proclamando, per la prima volta, la piena assimilazione giuridica, politica e sociale delle donne, declinando al femminile la Dichiarazione scritta due anni prima. Vediamo come nel preambolo l’autrice dichiara: “Le madri, le figlie, le sorelle, rappresentanti della nazione, domandano di costituirsi in Assemblea nazionale. Considerando che l'ignoranza, l'oblio o il disprezzo dei diritti della donna sono le sole cause delle sventure pubbliche della corruzione dei governi, esse si sono risolte a esporre in una solenne dichiarazione i diritti naturali inalienabili e sacri della donna.”. Questo documento, oltre ad essere un pilastro della critica femminile al concetto di cittadinanza, rappresenta il testamento della nostra paladina. Nell’estate del 1793, dopo aver accusato pubblicamente Robespierre di voler instaurare una dittatura, fu arrestata dal Tribunal révolutionnaire, come derisoria conseguenza di ciò che lei stessa ha scritto nell’articolo X della sua Dichiarazione, riformulato rispetto al corrispondente: “Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni anche di principio, la donna ha il diritto di salire sul patibolo, essa deve avere pure quello di salire sul podio […].”
3 novembre del 1793.
Place de la Concorde è il palcoscenico dello spietato spettacolo della ghigliottina. Olympe è stata decapitata; è stata punita per aver dimenticato le virtù che convengono al suo sesso. Tagliarle la gola, tuttavia, non è bastato a fermare la sua causa. Insieme a lei, ancora oggi, ci chiediamo: “Uomo, sei capace d’essere giusto? È una donna che ti pone la domanda; non la priverai anche di questo diritto. Dimmi, chi ti ha concesso la suprema autorità di opprimere il mio sesso? La tua forza? Il tuo ingegno?”
16 luglio 2020.
Siamo in tante.
Siamo in tutto il mondo.
Aspettiamo ancora una risposta.
Carlotta Pennelli
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