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Non al denaro, non all'amore né al cielo (1971)

La storia della musica cantautoriale italiana può fregiarsi di album e figure di enorme spessore artistico. Guccini, De Gregori, Gaber e Jannacci sono solo alcuni dei poeti-cantanti che decisero, a partire dagli anni '70, di impregnare la loro musica di tematiche sociali anche dure e controverse, nello sforzo di utilizzare la cultura di massa per veicolare le loro convinzioni. In pochi autori, però, avviene la mirabile sintesi tra musica e parole che Fabrizio Dè André seppe infodere a "Non al Denaro, non all'Amore, né al Cielo". Basato sulla ruvida epica rurale di Edgar Lee Masters, così cupamente verghiana nel descrivere le storie spezzate della campagna statunitense, l'album è un'umanissima raccolta di parabole di vita e vizi, che trova una solida struttura negli arrangiamenti di Nicola Piovani, la cui mano inconfondibile si percepisce fin dalle prime battute. I mesti rintocchi de "La Collina" richiamano da subito l'attenzione alle quotidiane tragedie degli umili, la cui americana "ricerca della Felicità" assume i toni drammatici di una costante lotta per la sopravvivenza. I personaggi di Masters sfilano uno ad uno come ombre di eroi tragici, ognuno maledetto dalla sua umanità, dai suoi desideri e dalla propria sconfitta. Alla luce terribile di questo pessimismo l'unica consolazione diventa la morte, il cui riposo misericordioso si stende su tutti, permettendo la fine di ogni affanno, di ogni speranza. Inizio volutamente durissimo, solo in parte mitigato dalla scanzonata introduzione di "Un Matto". In questa traccia la tipica avversione di paese nei confronti dei malati di mente viene magistralmente capovolta nella spassionata confessione di un uomo incapace di pensare come tutti gli altri. Il tono solare, felice, del comparto strumentale fa da splendido contrasto alla tematica trattata, in un pezzo semplice ma di estrema efficacia. Non così "Un Giudice", il cui mood incalzante ma dolente è cornice alla storia rancorosa di un uomo affetto da nanismo. Visto dagli altri e, forse, vedendosi lui stesso come una sorta di strano mostro, troverà una terribile catarsi nella vendetta, trasformandosi in un draconiano servo della legge, senza pietà né redenzione. "Un Blasfemo" rallenta la velocità del tappeto ritmico in un brano più riflessivo, che racconta con delicatezza la storia di un uomo torturato e ucciso perché convinto blasfemo e disposto a sostenere la sua idea anche di fronte alla morte. Il clavicembalo qui fa la parte del leone, intessendo assieme al flauto una preziosa veste sonora, capace di innalzarsi durante la frase e soffrire nei ritornelli. La chitarra si riprende poi il suo ruolo principale in "Un malato di Cuore". Un uomo costretto dalla malattia ad aver paura delle sue stesse emozioni e ad osservare la vita degli altri con invidia, proprio come il Matto e il Giudice. Il protagonista riesce però, al contrario degli altri due, a vincere sé stesso e a conquistare un folgorante momento di felicità, sacrificando la vita in un unico bacio d'amore. Anche qui la semplicità dell'apparato strumentale lascia tutto lo spazio di scena alla poesia del testo. "Un Medico"e "Un Chimico" sono le tristi vicende di due uomini di scienza: l'uno pronto a donarsi completamente al prossimo, ma destinato a soccombere alla concreta, dura, realtà della

vita, l'altro completamente rinchiuso nelle sue fredde logiche matematiche, ma incapace di comprendere il mistero più grande, quello che unisce gli uomini.

Questo dittico infelice lascia poi spazio al brano forse più inusuale di tutto l'album, ovvero "Un Ottico". Esplosiva miscela di musica cantautoriale, progressive ed elettronica, il pezzo è un' allucinata carambola di sensazioni, atte a descrivere le magnifiche illusioni evocate dagli occhiali, evidenti metafore di sostanze stupefacenti. Dopo simili fuochi d'artificio, arriva il brano di conclusione. "Il suonatore Jones", vero e proprio inno al vivere la vita senza rimpianti, rappresenta una sorta di testamento spirituale, narrando la storia di un uomo che decide, semplicemente. di suonare e vivere, senza alcun riguardo per la ricchezza, l'amore o l'aldilà. Alter ego dello stesso autore, sembra uno dei pochi ad aver trovato un pieno riposo, sulla collina dove tutti dormono.


Alfredo Campagna

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