Il 20 luglio 1969 alle h. 22 17’ 40” italiane, l’Apollo 11 si posa sulla Luna.
A 51 anni dall’evento intendo celebrarlo con una selezione di nove canzoni, tra italiane e
straniere, dedicate a questo satellite.
Alla Luna Giacomo Leopardi ha dedicato versi indimenticabili nel Canto notturno di un
pastore errante dell’Asia:
“Che fai tu luna in ciel? dimmi, che fai,
silenziosa luna?”.
Anche nel cielo della cantica del Paradiso nella Divina Commedia di Dante Alighieri si celebra la Luna. Le figure di spicco sono quelle di Piccarda Donati e Costanza d’Altavilla,
spiriti mancanti. Dante fa presiedere il primo cielo alla Luna nel rispetto della simbologia
femminile che la stessa riveste, si pensi alla divinità greca Selene.
La ciclicità della luna ricorda la fisiologia della donna ed è ritenuta dal Medioevo simbolo
della mutevolezza e dell’incostanza.
Risplende nelle notti di plenilunio e ci affascina, tanto che tutti avremmo avuto il desiderio di
raggiungerla forse per “recuperare il nostro senno” come ha fatto Astolfo per Orlando nel
Furioso di Ludovico Ariosto.
La rassegna non può che prendere le mosse da Moon River, cantata da Audrey Hepburn
in una scena dell’indimenticabile film “Colazione da Tiffany” del 1961.
E’ un testo che celebra l’amore, tra i più romantici della storia del cinema e ritagliato appositamente sulla sua interprete e sulla sua innata eleganza. Un amore che un giorno si realizzerà anche al di là dei sogni.
L’amore e i suoi effetti costituiscono il testo di Fly me to the moon, interpretata da Frank Sinatra. Il brano datato 1954 sottolinea l’ euforia a cui sottopone l’innamoramento uno stato tale da farti toccare il cielo con un dito e volare da un pianeta all’altro in una sorta di celestiale beatitudine.
Chi interroga la luna per sapere se vedrà la sua bella è invece il protagonista di Luna Rossa del 1950, che ha avuto tantissime versioni e interpretazioni, tra cui la più famosa è quella di Claudio Villa. L’attesa dell’innamorato che di notte vaga nella speranza di incontrare l’amata è infranta dal ritornello “qua non c’è nessuno” ed è proprio la Luna a sussurrarlo.
In Walking on the moon dei Police del 1979, Sting che ne è l’autore, dice di essere stato ispirato da una sua vecchia fiamma. Il sentimento dell’amore lo coinvolge così tanto da farlo sentire come sulla luna e quindi in assenza di gravità. Camminare diventa difficile, sembra quasi che le gambe si spezzino, ma tutto ciò dà un senso di eternità a chi vive in questo stato d’animo e in questa sensazione. Lo stesso Sting afferma di aver composto la canzone in preda a un forte stato di ebbrezza, in seguito al quale si è messo a camminare tutt’intorno alla stanza d’albergo che lo ospitava. Si sentiva un po’ come Armstrong quando ha messo piede, per la prima volta, sulla luna. Lui lo farà con la donna della sua vita.
Nel testo di Luna di Gianni Togni del 1980 si gioca su una duplicità di significati, la luna intesa in quanto tale è il nome di una donna. Entrambe rappresentano l’intemperanza sia umana che celeste, le aspettative di una vita di coppia e il fluire dell’esistenza sotto gli occhi vigili e silenziosi di una luna che quasi tutte le notti è lì a farci compagnia in ciò che è stato, che è e che sarà.
Il 1959 è l’anno di Guarda che luna di Fred Buscaglione. Anche questo testo parla di uno sfogo diretto alla Luna di un uomo che ha perso l’amore della sua donna. Ed è proprio l’immagine del suo riflesso sulla superficie del mare a farlo sentire ancora più solo e disperato.
Nel 1960 Mina interpreta Tintarella di luna, che ha un testo che si differenzia dai precedenti.
Si parla di una ragazza che si abbronza alla luce della luna a dispetto delle sue coetanee che si bruciano al sole. Lei è bianca come il latte e opalescente come la luna che brilla di luce riflessa; lei passa la notte sui tetti ed è apparentemente in controtendenza. In questa sua originalità c’è quasi sicuramente l’interrogarsi sulla vita che la notte e la vicinanza della luna, vista dai tetti, rendono interlocutori di privilegio.
Nel 1979 Loredana Bertè canta E la luna bussò, un brano di grandissimo successo in cui il ritmo reggae si sposa con la melodia italiana.
Anche qui la luna diventa spettatrice delle diverse situazioni umane, dalle più tristi, un amore finito male, a una vita notturna alla ricerca del divertimento, per poi posare i suoi raggi tra le ciglia di un bambino rapito dal sonno della sua innocenza.
Conclude la rassegna L’ultima luna di Lucio Dalla del 1979.
Qui ci troviamo di fronte a un testo più complesso, sicuramente un’allegoria della vita che ruota intorno alla simbologia del numero 7, come i vizi capitali.
La vita con le sue brutture, gli odi, le violenze e i soprusi nei confronti dei più deboli e disagiati, che per alcuni prende la piega del “tutto a tutti i costi”, trova il suo riscatto nel bambino che prende la luna tra le sue mani e vola via a creare l’uomo del futuro e la speranza nel domani.
Simone Morini
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