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Immagine del redattoreSCU comunicazione

La forma dell’acqua (Shape of water) – Guillermo del Toro

La paura del diverso e l’amore universale sono temi che da sempre hanno catturato l’attenzione di molti registi, i quali hanno saputo raccontarli a modo loro, lasciando un’impronta importante nei loro film. Rientra in questa lista il film La forma dell’acqua, una favola fantasy che ricorda, per certi versi, la storia della bella e la bestia che il regista Guillermo del Toro racconta a modo suo omaggiando i classici del cinema (Il mostro della laguna nera, il cinema popolare degli anni 60, i musical ecc.). La storia è ambientata nella Baltimora del 1962 in piena guerra fredda e racconta di Elisa, giovane donna sordomuta, che lavora di notte in una base militare segreta come addetta delle pulizie. Un giorno scopre che in un laboratorio vive una misteriosa creatura marina di grande intelligenza e sensibilità. Elisa ed il mostro s’innamorano e, insieme alla complicità del suo amico e vicino di casa, decide di salvarlo. Da quel momento sarà pedinata dallo spietato colonello Strikland, deciso a catture la creatura acquatica per farne un arma militare del KGB. Il film inizia con un lungo piano sequenza, come un’immersione all’interno di un mondo acquatico. Già da questa prima inquadratura si percepisce il messaggio che il regista vuole lanciare con una scena accompagnata da un monologo in voce over. Da quel momento l’acqua sarà un elemento ricorrente nella funzione della trama: dalla vasca da bagno della protagonista, alla piscina in cui è rinchiusa la creatura fino alle gocce di pioggia nei momenti finali. Dal punto di vista tecnico, l’approccio fotografico si fonda su frequenti tagli di luce di un colore verde acqua, soprattutto per dare risalto alla scenografia e al mostro marino. Memorabile la sequenza onirica in cui Elisa ritrova la parola e canta insieme al mostro sulle note musicali della canzone ‘’You’ll never know’’ in una fotografia in bianco e nero che ricorda i musical della Holliwood del sonoro.

La favola di del Toro si inserisce dentro un contesto storico variegato: da una parte troviamo la guerra fredda, lo spionaggio, la competizione tra Stati Uniti ed Unione Sovietica per la conquista dello spazio e, in sottofondo, troviamo il razzismo come aspetto paranoico e violento della società americana. In mezzo ci sono due personaggi “diversi”: una donna sordomuta e una creatura acquatica che imparano a comunicare fra loro e inaspettatamente si innamorano accompagnati da altri personaggi “diversi” secondari, come ad esempio Gils, il vicino di casa omosessuale discriminato sul lavoro e Zelda, collega afroamericana di Elisa che lotta per i suoi diritti all’interno del suo matrimonio e nella società. Appare chiaro, quindi, che la Forma dell’acqua prima ancora che una storia d’amore è un film sulla diversità e sull’emarginazione. La bizzarra storia di Elisa e del mostro diventa un inno alla libertà e ai sentimenti, basato sulla solidarietà con i due protagonisti legati a quel motivo che spinge verso la ricerca della felicità.

Il film ricevette nel 2018 quattro Premi Oscar: al miglior film, al miglior regista, per la miglior scenografia e per la migliore colonna sonora. Inoltre, si aggiudicò il Leone d’oro al miglior film durante la settantaquattresima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. In conclusione, La forma dell’acqua è un film visionario ed incredibilmente poetico che usufruisce di molteplici piani di lettura e all’interno del quale si può vedere un messaggio di speranza: accogliere il diverso attraverso l’amicizia, la solidarietà, la comprensione fino ad arrivare al più universale dei linguaggi che è l’amore in tutte le sue forme.

“Se l’avessi ambientato nel presente sarebbe bastato una critica per metterlo in silenzio, mentre se ti dico: c’era una volta nel 1962 una donna che non poteva parlare e una creatura che non aveva mai parlato…. Allora ho la tua attenzione, ascolti, abbassi i tuoi pregiudizi e apprezzi la fiaba” [Guillermo Del Toro sul film]

Ivan Verdat





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