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Immagine del redattoreSCU comunicazione

Che mondo sarebbe senza… il polietilene?

La plastica è un problema. L’argomento ormai non sfugge più a nessuno, e non si può far finta di ignorarlo. Io stessa ho vissuto nell’ignoranza per fin troppo tempo, e tutt’oggi faccio difficoltà a perorare questa causa, perchè siamo ancora in tanti a saperne troppo poco. Mi capita continuamente infatti, di leggere un articolo sull’argomento e rimanere spiazzata, pur convinta ormai di saperne abbastanza. Ho voluto così raccogliere delle informazioni utili e riassumerle in questi quattro punti.


Quanto è grande il problema?

Metà di tutta la plastica prodotta è stata realizzata solo negli ultimi 15 anni; la produzione è aumentata in modo esponenziale dai 2,3 milioni di tonnellate del 1950 ai 448 milioni di tonnellate del 2015. Un dato che dovrebbe raddoppiare dal 2050. Per di più, ogni anno circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono dalle nazioni costiere negli oceani. Equivale a buttare cinque buste di immondizia ogni 30 centimetri di costa in tutto il mondo. Sebbene i metodi di smaltimento della plastica siano cambiati nel tempo, questi sforzi non sembrano sufficienti: solo il 9% dei rifiuti di plastica prodotti tra il 1950 e il 2015 è stato riciclato. A peggiorare la situazione, l’arrivo della pandemia di Covid-19 ha inevitabilmente portato ad un incremento del consumo di plastica che potrebbe avere conseguenze drammatiche.


Perché l’improvviso aumento di plastica?

Dall’inizio della pandemia, i progressi fatti verso la riduzione dell’uso della plastica hanno subito un brusco arresto. L’improvvisa necessità di mascherine e altri dispositivi igienici ha causato un drastico aumento della produzione di materiali plastici non biodegradabili. La massiccia produzione di plastica è stata anche incentivata dal calo del prezzo del petrolio, fondamentale nella composizione della plastica. Ad oggi infatti costa molto meno produrre nuove plastiche piuttosto che riciclare quelle vecchie: ad aprile i produttori di petrolio hanno registrato un annullamento della domanda come conseguenza della pandemia globale e il prezzo di vendita ha raggiunto anche valori sotto la soglia dello zero. Ma non è stata solo la necessità della produzione di mascherine e guanti a causare un aumento. Infatti, una stragrande maggioranza di persone ha preferito acquistare frutta e ortaggi confezionati, non fidandosi di ciò che era esposto sfuso e potenzialmente stato toccato da chiunque. E oltre ciò, il grande aumento di ordini di cibo d’asporto, ogni ordine di food delivery infatti da potenzialmente origine a 5 prodotti di scarto, molti di questi di plastica.


In quanto tempo si decompone la plastica?

Un sacchetto di plastica impiega 20 anni per decomporsi. Fortunatamente oramai i supermercati forniscono esclusivamente sacchetti biodegradabili, ma i sacchetti di plastica sono ancora molto diffusi, e sono uno dei pericoli maggiori per le specie marine, poiché durante il corso della decomposizione, le piccole particelle di plastica vengono scambiate per cibo e spesso ingerite. Si arriva fino a 200 anni per far sparire completamente una cannuccia di plastica. Fortunatamente dal 2021 saranno tolte dal commercio, ma fino ad allora rimangono uno degli oggetti più utilizzati. Ora analizziamo un tasto dolente: le bottiglie di plastica. Le bottiglie di plastica si degradano in più di 400 anni, e sono riciclabili un numero limitato di volte. Infatti, non è possibile riciclare all’infinito la plastica, e secondo alcuni le bottiglie non si degradano mai del tutto. Quindi, a parte i sacchetti di plastica, tenendo conto che la produzione è partita negli anni ’30, nessun pezzo di plastica prodotto fino ad ora si è ancora decomposto.


Come finisce la plastica nei nostri oceani? Nei nostri mari, c’è così tanta plastica principalmente per colpa dei rifiuti domestici, che non vengono smaltiti sia per mancanza di senso civico, che per l’assenza di adeguate strutture per la gestione dei rifiuti. Una parte di immondizia finisce nei mari attraverso gli scarichi di casa. I prodotti per l'igiene personale e i cosmetici, ad esempio, contengono minuscole particelle di plastica. Queste rimangono nelle acque e alla fine si ritrovano nei nostri oceani. Purtroppo, un milione e mezzo di animali, ogni anno, è vittima dei rifiuti di plastica scaricati negli oceani. E se tutto ciò non verrà fermato, entro il 2050 negli oceani ci saranno più plastiche che pesci.


Emilia Rossitti



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