Tratto dall’omonimo romanzo di Vincenzo Cerami, Un borghese piccolo piccolo (1977) racconta la storia di Giovanni Vivaldi (Alberto Sordi) un uomo ormai prossimo al pensionamento che cerca in tutti i modi di far assumere al suo posto, come impiegato al ministero, il figlio neodiplomato. La pellicola riscosse fin da subito un enorme successo: presentata in concorso al Festival di Cannes, valse a regista, attori e sceneggiatore 5 David di Donatello e 4 Nastri d’argento.
Il contesto storico: La guerra aveva livellato e compattato il tessuto sociale italiano, con il
successivo boom economico si iniziano a perdere le tradizioni che, seppur modeste come quella contadina, si reggevano su una genuinità proba. Questo impoverimento identitario portato dal benessere degli anni ’60 è alla base del film; il senso di comunità e la fratellanza sono elementi che appartengono, ormai, al passato e il destino del borghese risulterà più che mai incerto nella sua tragedia. <<Il diritto che quelli più grandi di te hanno sul molto, tu lo hai sul poco. Ma quel poco ètuo. E’ chiaro>>
Il risvolto sociale: Nella sua sensibilità, Monicelli coglie l’aspetto drammatico della trasformazione sociale dell’italiano e non a caso per il ruolo di protagonista sceglie Alberto Sordi. Il film è uno spaccato della società italiana a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, attuale tanto ieri quanto oggi. L’occhio di riguardo e Il diploma in ragioneria, la scaltrezza e il posto fisso, il favoritismo e il sapersi vendere e il prostrarsi… La “rigidissima” morale adeguata alla convenienza. L’impressione che il regista Mario Monicelli restituisce dell’Italia ha un solo aggettivo: meschina.
Nella storia del cinema: Non accade spesso che la critica del tempo coincida con le future
revisioni. Un borghese piccolo piccolo è stato considerato fin da subito, e lo è ancora oggi, il film che ha sancito la fine della grande stagione della commedia all’italiana. Come un cerchio che si chiude, e che era iniziato quindici anni prima con Il sorpasso di Dino Risi, Monicelli ridicolizza tramite l’arte della commedia (come nella scena dell’iniziazione massonica) il suo piccolo borghese, prima di svelare definitivamente quanto sia profonda la tragedia.
Alberto Sordi e Shelley Winters: Primo personaggio veramente tragico nella carriera di Alberto Sordi, dopo anni in cui incarna tutte le caratteristiche dell’italiano medio, furbacchione e opportunista ma comunque mai del tutto negativo. In questo film muore quell’idea di genuinità in cui era ammantata la maschera che lo ha sempre accompagnato. Shelley Winters interpreta due personaggi diversi nel corso della storia: il classico cliché della moglie borghese e la madre distrutta dalla perdita del figlio. Come solo i grandi sanno fare, la sua performance raggiunge il culmine nella scena in cui guarda morire l’assassino del figlio: seduta su una sedia a rotelle, senza cenno di emozione ormai da tempo, lascia scaturire un pianto straziante e disperato.
Il libro ed il film: Infine, l’ultimo motivo per cui vedere questo film è, come già accennato, che la pellicola è tratta da un romanzo. Perciò vale la pena approfondire entrambe le opere:
un’occasione per farsi un’idea su cosa voglia dire girare un film partendo da un’opera letteraria e quanto questa operazione, nello specifico, possa essere riuscita.
Fabrizio Piselli
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